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Di ritorno da Zaragoza, l’Italia mi accoglie con, nell’ordine, un treno in ritardo di venti minuti, e un sandwich vegetariano preparato con pane allo strutto. Si vede che anche io le sono mancato.

I casi sono due: o nell’aria di Zaragoza c’è qualcosa che mi impedisce di riposarmi mentre dormo, oppure a ventitre anni si comincia a sentire il peso dell’età. Saprò rispondere a questo assillante quesito la prossima settimana, anche se a dire il vero rimarrei volentieri con il dubbio.

Dal momento che non sono in grado di concentrarmi su cose che non ritengo interessanti, l’unica strada che posso seguire per riuscire a superare lo scoglio di Probabilità passa per l’autoconvincimento. Il percorso non è privo di ostacoli, ma sembra che almeno un piccolo miglioramento l’abbia portato. Sono ottimista: in fondo, devo riuscire a fregare solamente me stesso.

Ti aggrappi all’illusione che si possa trattare semplicemente di un malinteso. Problemi di comunicazione, semplice dimenticanza, convinzione che ci fossero specifici vincoli o particolari condizioni di impedimento. Che la cosa possa essere stata voluta è semplicemente troppo assurdo per essere vero, troppo difficile da ammettere, troppo doloroso da sopportare. Ridicolo anche solo supporlo. Però intanto non domandi, non chiedi spiegazioni, e quando il pensiero ti sfiora la mente continui a ripetere a te stesso le solite, rassicuranti scuse.

È facile fare finta di nulla, comportarsi come se le profonde crepe nei muri e sul soffitto non facessero capire che non rimane molto tempo prima che tutta la casa ti crolli addosso. Invece tra una settimana, a quest’ora, lei sarà già a Saragozza, a millecinquecento chilometri e trentanove giorni dal prossimo bacio. Solo a pensarci, mi si stringe lo stomaco.