Capitolo Quinto

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La testa faceva male. Molto.

Istintivamente, Swehn stava per chiamare la sua domestica e farsi portare qualcosa, ma non appena aprì gli occhi si rese conto che non sarebbe stata la scelta più azzeccata: nel buio della stanza, riuscì a distinguere le sagome di tre glasm.

Più che di una stanza, in realtà, si trattava di una grotta: era rozzamente sbozzata nella roccia, come erano solitamente costituite le tipiche grotte dei glasm.

Non si trattava di una razza incline al lavoro, o che amasse in qualche modo le comodità: per quei lontani parenti dei Nani, la sola cosa che contasse era la sopravvivenza.

Le loro città, costituite da grotte scavate nella dura roccia con scarsa abilità, erano abbastanza frequenti nel sottosuolo di Ethundel, e chiunque si trovasse a dover vagare in quelle zone sapeva di doverle evitare.

I glasm non lascivano scampo a chi entrava nel loro territorio. Le subdole creature strisciavano alle spalle delle loro vittime anche per ore, in attesa che si presentasse l’occasione giusta per colpire senza possibilità di fallimento.

Avevano fatto così anche con Swehn: un piccolo gruppo era uscito dalle grotte in cerca di selvaggina e, dopo averlo individuato, lo avevano inseguito da quando aveva lascito il centro abitato, in attesa che si stancasse.

Ora si trovava disteso per terra, sporco di fango e con molte foglie attaccate addosso, con tre glasm che stavano discutendo animatamente – probabilmente stavano decidendo in che modo cuocerlo – a pochi passi da lui.

L’unico vantaggio era che non lo stavano guardando, e che non si erano accorti del suo risveglio.

 

Un fuoco acceso scaldava l’ambiente: probabilmete chi voleva cucinarlo allo spiedo la stava spuntando, dato che i glasm non amano il fuoco e lo accendono solo quando devono preparare del cibo.

Swehn sapeva di dover fuggire, ma non aveva la più pallida idea di come fare. Era abituato a vivere nel lusso, e nemmeno i giorni passati nella Truppa lo avevano disabituato: del resto, non aveva armi con sé, e se anche le avesse avute non avrebbe saputo cosa fare.

Si costrinse a pensare, intuendo dal tono crescente delle voci che la discussione stava per sfociare – come accade spesso fra glasm – in una rissa, e si guardò intorno con più attenzione.

L’uscita della grotta era, come aveva immaginato, una sola, ma era posta esattamente di fronte ai glasm.

I viscidi esseri l’avrebbero certamente visto se avesse cercato di fuggire da quella parte, e non avrebbe potuto contare nel vantaggio dell’oscurità, nella quale per i glasm la vista era limpida come il giorno per gli uomini.

Doveva creare un diversivo, che li distraesse abbastanza a lungo da consentirgli di fuggire. Esplorò nuovamente la stanza con lo sguardo alla ricerca di oggetti utili, ma la grotta era totalmente spoglia.

Lo sguardo gli cadde sul fuoco, che scoppiettava allegramente in un angolo. I glasm si erano messi a conversare nell’angolo opposto, per via del loro odio per la luce.