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Saturday 14 January 2012

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Metto la sveglia presto perché non mi piace l’idea di sprecare la mattinata, e perché so che dormire più di un certo numero di ore è inutile se non addirittura controproducente. Dopo che è suonata, rimango nel letto, a volte anche per un’ora o due.

A tratti mi riaddormento, solo per svegliarmi pochi minuti più tardi; se il gatto è con me sul letto, lo coccolo un poco, e lui ricambia facendo le fusa e leccandomi la punta del naso; la maggior parte del tempo, mentre il mio corpo si gira prima da un lato e poi dall’altro alla ricerca di una posizione comoda, la mia testa sembra volersi vendicare per il fatto che non ricordo mai i miei sogni, e si mette a vagare con una velocità ed una prontezza che credevo le fossero impossibili prima del caffè.

I pensieri che faccio mentre sono raggomitolato sotto le coperte, mattina dopo mattina, sono sempre gli stessi. La mia mente si diverte a ripropormi quelli più dolorosi del repertorio, uno dietro l’altro, in un loop apparentemente infinito. Esiste un modo per sfuggire: uscire dal letto, fare colazione e mettersi a giocare a Super Mario. Leggere articoli stupidi o illuminanti su Internet. Cercare annunci di lavoro, mandare e–mail a potenziali datori. Scrivere del codice. Ascoltare musica. Mettere in ordine.

La mente è molto più facile da tenere a bada quando è occupata, e possono passare ore prima che quei pensieri riaffiorino, richiamati dalla vista di un oggetto o da una catena di ragionamenti un po’ fumosa. A volte passano intere giornate.

Ma non importa. Perché so che la mattina dopo mi troverò di nuovo in quel letto, da solo, con il cervello in iperattività che mi ricorda tutto quello che è andato storto e mi anticipa tutti i modi in cui le cose possono andare molto, molto peggio. Con la consapevolezza che alzarsi è l’unica via di fuga, ma bloccato dal terrore e privo della forza necessaria per farlo.