Un uomo in ritardo

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Nacque in un giorno qualsiasi, in un ospedale qualsiasi, da genitori qualsiasi.

La madre fu operata di cesareo, perché il bimbo era in ritardo di ormai due settimane. Era un presagio, ma l’avrebbero capito solo molto dopo.

Fin da piccolo ebbe non pochi problemi nel rapportarsi con i suoi coetanei: se, giocando a calcio, provavano a passargli la palla, lui se ne rendeva conto solo dopo che era volata oltre lui.

Anche il suo primo appuntamento si rivelò un fallimento: arrivò con più di un’ora e mezza di ritardo sull’orario stabilito. Inutile dire che la ragazza che lo aspettava se n’era andata, stizzita, da almeno venti minuti.

La scuola, d’altro canto, era un disastro. Se un professore cercava di interrogarlo, lui ricordava la risposta alcuni secondi dopo che la pazienza dell’insegnate si era esaurita.

Anche quando, più grande, trovò lavoro in una fabbrica, le cose non migliorarono affatto: inizialmente indirizzato alla catena di montaggio, fu prontamente trasferito ad un altro settore, non appena la direzione si rese conto della scarsa produttività dell’operaio.

Il vero problema arrivò quando non si rese conto del cambio di mansione, e per qualche giorno continuò a lavorare nel suo vecchio reparto. Gli addetti alla manodopera notarono la sua assenza e gli inviarono una lettera a casa, in cui lo intimavano a rendersi operativo entro una settimana.

Ma, come suo solito, la trovò troppo tardi, quando ormai la settimana era scaduta: e troppo tardi notò la seconda lettera, in cui si notificava il suo licenziamento. Oltre al danno, la beffa: quando seppe di essere stato licenziato erano passate altre due settimane, durante le quali aveva continuato a lavorare gratis per la fabbrica.

La sua vita sembrò prendere una piega positiva quando si rese conto che il biglietto della lotteria che teneva appallottolato in tasca, trovato per terra alla fermata dell’autobus, era quello vincente. Cominciò a fantasticare su quello che avrebbe potuto acquistare con la somma: ma poi lesse sul retro la scadenza entro la quale ritirare il premio, passata ormai da mesi.

E non andò meglio quando si trovò di fronte quella che, con ogni probabilità, sarebbe stata la donna della sua vita: non la rivide più, dopo il loro primo incontro. Se l’era fatta scappare.

Ormai vecchio, senza figli né parenti prossimi ancora in vita, continuò con l’esistenza che da sempre era sua, ma con in più i tratti della svogliatezza senile. Passava le giornate a dormire sul divano, e le rare volte in cui si alzava per rispondere al telefono, arrivava troppo tardi. Quando la noia raggiungeva livelli insostenibili, accendeva la televisione, ma la sua trasmissione preferita era già terminata da tempo.

La pensione, dopo i primi mesi di file interminabili per arrivare allo sportello nell’orario di chiusura, aveva deciso di farsela recapitare via posta: ma quando il postino suonava per consegnargliela, non arrivava in tempo alla porta.

Anche la Morte, stanca di aspettare, smise di perseguitarlo e lo abbandonò: era davvero solo. Se solo fosse stato un uomo puntuale, l’avrebbe intuito: invece lo capì solamente ad anni di distanza.

 

Ora si è chiuso in un monastero, e sta cercando di raggiungere con la meditazione la conoscenza degli eventi futuri, per farsi trovare pronto quando la Morte tornerà da lui.

Gli hanno detto che potrebbe volerci moltissimo tempo.

«Non ho fretta», ha risposto.